Corte di Cassazione, Sentenza n, 21956 del 12 luglio 2022
Nella Sentenza in epigrafe indicata, la Suprema Corte rileva che l’art. 1, comma 161, della Legge n. 296/2006 prevede che: “Gli Enti Locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”. Inoltre, in forza dell’art. 1, comma 171, della Legge n. 296/2006, il regime introdotto dal precedente comma 161 non opera solo per i rapporti d’imposta sorti successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge, ma anche per quelli che, a tale data, risultano ancora pendenti. Ai tributi dovuti per annualità precedenti al 2007, per i quali, alla data dell’1°gennaio 2007, non è ancora intervenuta la decadenza in base alla disciplina previgente, si applica, dunque, il nuovo termine decadenziale. Con tale disposizione, il Legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 71 e 72 del Dlgs. n. 507/1993 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento, dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento e, per quello che qui interessa, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione. In particolare, la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti. Tutti gli avvisi di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati”. Tale normativa, tuttavia, non può applicarsi alla Tarsu, nei casi in cui il Comune non abbia provveduto ad alcun accertamento del tributo che non costituisce atto prodromico ai fini dell’emissione della cartella esattoriale. Infatti, l’art. 71 del Dlgs. n. 507/1993 prevede l’emissione dell’avviso di accertamento relativo alla Tarsu soltanto nel caso in cui il contribuente non abbia presentato la denuncia prescritta dall’art. 70 del Dlgs. n. 507/1993, oppure nel caso in cui l’ufficio ritenga che la denuncia presentata sia infedele od incompleta, mentre, qualora la denuncia sia stata presentata, l’ente impositore, ove ritenga di non contestarla, procede attraverso la notifica della cartella esattoriale senza previa emissione di alcun avviso di accertamento, guidando il tributo in base agli elementi dichiarati dallo stesso contribuente o a seguito di denuncia di variazione. Inoltre, l’art. 72, comma 1, del Dlgs. n. 507/1993, consente al Comune – e, per esso, al gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti – di procedere direttamente alla liquidazione della Tarsu, senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza, pertanto, di un’operazione puramente automatica. La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalità, richiede perciò, da un lato, l’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilità o definitività degli stessi, nel senso che non devono essere né incerti né contestati. L’incertezza del dato utilizzato a seguito della contestazione dell’utente comporta, viceversa, la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, dovendo l’amministrazione esplicitare, ai sensi dell’art. 70 del Dlgs. n. 507/1993, le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione. Per cui, nessuna irregolarità può riscontrarsi nell’emanazione della cartella [come dell’ingiunzione] di pagamento in relazione alla dedotta carenza di un precedente avviso di accertamento che non era indispensabile. La disposizione che, in tema di Tarsu, disciplina l’obbligo di denuncia, secondo la quale la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune “entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione”, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva; nel primo caso il termine di decadenza decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo. I Giudici di legittimità hanno posto in evidenza, al riguardo, il chiaro dettato normativo che fa riferimento al “20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione”, e non anche al 20 gennaio “dell’anno” successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, – ed hanno rimarcato che laddove il Legislatore avesse inteso postergare il momento dichiarativo “all’anno successivo” l’avrebbe espressamente previsto, così come è avvenuto, ad esempio, con l’art. 10, comma 4, del Dlgs. n. 504/1992, che, in tema di Ici, dispone che “i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, … entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio” cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione.