Tari: pagano comunque la quota fissa le superfici produttive di rifiuti speciali

Corte di Cassazione, Sentenza n. 25696 del 1° settembre 2022

Nella Sentenza in epigrafe indicata, la questione controversa riguarda i presupposti impositivi della quota fissa della Tia, disciplinata dall’art. 49 del cd. “decreto Ronchi” (il Dlgs. n. 22/1997, successivamente modificato dall’art. 1, comma 28, della Legge n. 426/1998, e dall’art. 33 della Legge n. 488/1999). In dichiarata attuazione delle Direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE, tale norma ha stabilito l’obbligo dei Comuni di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati e, in

particolare, ha previsto l’istituzione, da parte dei Comuni medesimi, di una “tariffa” per la copertura integrale dei costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale, composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. Con successivo regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, approvato con il Dpr. n. n. 158/1999, è stato elaborato il metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, di cui al comma 5 della stessa norma. Ai sensi del comma 3 è tenuto al pagamento della tariffa “chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”; il comma 14 ne prevede poi una riduzione nei casi in cui il produttore di rifiuti assimilati dimostri (mediante attestazione rilasciata da chi effettui il recupero) di aver avviato detti rifiuti al recupero. A differenza della normativa sulla Tarsu, l’art. 49 del “decreto Ronchi” stabilisce, pertanto, che la Tia deve sempre coprire l’intero costo del servizio di gestione dei rifiuti e che detta tariffa è dovuta anche per la gestione dei rifiuti “esterni” (come già statuiva l’abrogato art. 268 del Rd. n. 1175/1931, sostituito dall’art. 21 del Dpr. n. 915/1982, in relazione all’art. 9 del Dl. n. 66/1989, convertito, cori modificazioni, dalla Legge n. 144/1989). Secondo i criteri di commisurazione del prelievo, di cui al comma 4 del citato art. 49, la Tia è suddivisa in una parte fissa (concernente le componenti essenziali del costo del servizio – ivi compreso quello dello spazzamento delle strade -, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti) ed in una parte variabile (rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione). I criteri di determinazione di tali due parti della Tia sono contenuti nel citato Dpr. n. 158/1999, che prevede indici costruiti, tra l’altro, sulla quantità totale dei rifiuti prodotti nel Comune, sulla superficie delle utenze, sul numero dei componenti il nucleo familiare delle utenze domestiche, su coefficienti di potenziale produzione di rifiuti secondo le varie attività esercitate nell’ambito delle utenze non domestiche. Ai sensi dell’art. 49, comma 14, del Dlgs. n. 22/1997 l’autonomo avviamento a recupero dei rifiuti, da parte del produttore di essi, non comporta l’esclusione dal pagamento dell’imposta, ma determina una riduzione proporzionale della sola parte variabile di tale tariffa, con una disposizione analoga al comma 2 dell’art. 67 del Dlgs. n. 507/1993 in tema di Tarsu. Come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella Sentenza n. 238/2009, la Tia, a differenza della Tarsu, ha la funzione di coprire i costo dei servizi di smaltimento concernenti i rifiuti non solo “interni”, cioè prodotti o producibili dal singolo soggetto passivo che può avvalersi del servizio, ma anche “esterni”, quali i “rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico”, e quindi di coprire anche le pubbliche spese afferenti ad un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente. Tale differenza si ripercuote anche sull’entità del prelievo. Mentre per la Tarsu il gettito deve corrispondere ad un ammontare compreso tra l’intero costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo, determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune, per la Tia il gettito deve, invece, assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi. Tenuto conto della funzione innanzi indicata, va affermato che la quota fissa della Tia è dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, in quanto destinata a finanziare i costi essenziali del servizio nell’interesse dell’intera collettività, mentre ogni valutazione in ordine alla quantità di rifiuti concretamente prodotti dal singolo, ed al servizio effettivamente erogato in suo favore, potrà incidere solo ed esclusivamente sulla parte variabile della tariffa. Inoltre, la Suprema Corte puntualizza che la Tia 1 ha carattere universale e vi sono assoggettati tutti i locali siti nel territorio dell’ente comunale impositore, in quanto potenzialmente idonei a produrre rifiuti, applicandosi la riduzione di cui all’art. 62, comma 3, del Dlgs. n. 507/1993, alle parti di superfici del locale interessate dalle attività che generano rifiuti speciali non assimilati a quelli urbani, smaltiti in proprio dal contribuente, con la precisazione che l’esonero riguarda la sola parte variabile della tariffa e giammai quella fissa. È dunque conforme al disposto dell’art. 49, commi 3 e 4, del Dlgs. n. 22/1997, il regolamento comunale che prevede l’assoggettamento alla tariffa di un immobile ad uso non abitativo, non utilizzato, seppure limitatamente alla sola quota fissa. In conclusione, le superfici produttive di rifiuti speciali pagano comunque la quota fissa della Tari.