Tari: distinzione tra esercizi alberghieri e civili abitazioni e discrezionalità dell’Ente Territoriale

Corte di Cassazione, Sentenza n. 37757 del 23 dicembre 2022

Nella Sentenza in epigrafe indicata, la Suprema Corte rileva che il regime fiscale dei rifiuti ha subito nel tempo numerose modifiche legislative, a partire dalla Tarsu, prevista dal Dlgs. n. 507/1993, che è stata sostituita dalla Tia 1, introdotta dall’art. 49 del Dlgs. n. 22/1997, quest’ultima, a sua volta, dalla Tia 2, di cui all’art. 238, del Dlgs. n. 152/2006; la Tia 2 è stata sostituita dal Tares, previsto dall’art. 14, del Dl. n. 201/2011, convertito dalla Legge n. 214/2011, che è stato sostituito dalla Tari, istituita dalla Legge n. 147/2013, art. 1, commi 639 e seguenti, a decorrere dal 1° gennaio 2014. Con l’art. 1, commi 639 e seguenti, della Legge di stabilità del 2014 è stata introdotta l’imposta unica comunale (la cd. Iuc), una sorta di service tax comprensiva delle tre distinte forme di prelievo comunale ovvero dell’Imu, di natura patrimoniale, della Tasi e della Tari, a sua volta fondata sui due presupposti impositivi del possesso di immobili, collegato alla loro natura e al loro valore, e dell’erogazione e fruizione di servizi comunali. La Tari, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, è disciplinata dai commi da 641 a 668, che individuano i presupposti della stessa e i criteri di determinazione della tariffa, come stabiliti dal Dpr. n. 158/1999, sulla base dei principi contenuti nei commi 252 e 254 del “chi inquina paga”, di cui alla Direttiva 2008/98/CEE. Essa ha sostituito i preesistenti tributi dovuti ai Comuni dai cittadini, enti ed imprese quale pagamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti conservandone, peraltro, la medesima natura tributaria, per cui, come più volte ritenuto dalla Corte di Cassazione, sono estensibili alla Tari gli orientamenti di legittimità formatisi per i tributi omologhi che l’hanno preceduta, quali la Tarsu e la Tia (Corte di Cassazione, Sentenza n. 22130/2017; n. 1963/2018; n. 12979/2019). Inoltre, i Giudici di legittimità pongono in evidenza il principio, affermato in tema di riscossione della Tarsu, secondo cui l’art. 72, comma 1, del Dlgs. n. 507/1993 attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo secondo i ruoli dell’anno precedente, purché sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, sicché, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento. Ed ancora, la Suprema Corte chiarisce che è legittima la Delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime. Infatti, la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Dlgs. n. 22/1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore. La discrezionalità dell’ente territoriale nell’assumere le determinazioni al riguardo, in particolare, nello stimare in astratto la capacità media di produzione di rifiuti per tipologie, ha natura eminentemente tecnica, non “politica”. I rapporti tra le tariffe, indicati dal Dlgs. n. 507/1993, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della Delibera, non vanno riferiti alla differenza tra quelle applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le medesime ed i costi del servizio, discriminati in base alla loro classificazione economica.