Corte di giustizia tributaria della Basilicata, Sentenza n. 27 dell’8 febbraio 2023
Nella Sentenza in epigrafe indicata, un Comune faceva notificare alla contribuente, avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2014 richiedeva il pagamento di Tari. Avverso tale atto proponeva ricorso la contribuente. Nella specie l’atto impositivo era basato sull’omessa denuncia/pagamento d’imposta (Tari) relativa ad immobile posseduto dalla contribuente ed utilizzato quale abitazione. I Giudici rilevano che poiché l’avviso di accertamento ha carattere di “provocatio ad opponendum”, l’obbligo di motivazione resta soddisfatto tutte le volte che l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente “an” e “quantum debeatur”. Nello specifico, nel caso della Tari, la descrizione deve individuare gli oggetti imponibili costituiti dall’unità immobiliare che risultano essere posseduti, il titolo di possesso (diritto reale, locazione, comodato, affitto d’azienda, altro) con la descrizione puntuale della destinazione d’uso, la superficie imponibile. Dunque, nel caso di specie, è adeguatamente motivato l’avviso di accertamento in quanto indicante la superficie imponibile, ossia l’elemento costitutivo della pretesa tributaria, che costituisce la base per il calcolo del tributo dovuto. Infine, i Giudici puntualizzano che è soggetta alla parte fissa della Tari la superficie degli stabilimenti industriali che producono prevalentemente rifiuti speciali. Sono inoltre rifiuti speciali sia gli imballaggi terziari sia quelli secondari, qualora il comune non abbia provato l’attivazione della relativa raccolta differenziata.