Corte di Cassazione, Ordinanza 19677 del 17 luglio 2024
Nella fattispecie in esame, la questione controversa riguarda la validità della notifica di una cartella di pagamento inviata tramite PEC (posta elettronica certificata) da un indirizzo non presente nell’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC). Questo problema è stato recentemente esaminato dalla Corte, che ha deciso di mantenere la propria linea interpretativa. In particolare, la Corte ha stabilito che, nel caso di notifica di una cartella di pagamento tramite PEC da parte dell’agente della riscossione, il fatto che l’indirizzo del mittente non sia registrato nell’INI-PEC non compromette automaticamente la validità della notifica. La presunzione che la notifica provenga dal soggetto indicato può essere desunta dall’indirizzo del mittente. Tuttavia, per contestare la notifica, il contribuente deve dimostrare specifici danni subiti al diritto di difesa a causa della ricezione della notifica da un indirizzo non registrato. In mancanza di tale dimostrazione, la semplice irregolarità dell’indirizzo non è sufficiente. Pertanto, il contribuente non può limitarsi a sollevare questa obiezione senza indicare come la sua capacità di difesa sia stata effettivamente pregiudicata, cosa che nel caso specifico non è stata dimostrata. Inoltre, in base all’art. 380-bis, comma 3, e all’art. 96, comma 4, del Cpc., il ricorrente deve essere condannato al pagamento di una sanzione di € 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, nei procedimenti per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, la condanna ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4 del Cpc. rappresenta una forma di sanzione per abuso del processo. Questo avviene quando il ricorrente non si attiene alla valutazione proposta dal Giudice, poi confermata nella decisione finale, presumendo così una responsabilità aggravata del ricorrente.