Riscossione: prescrizione dei crediti tributari e validità delle notifiche

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 7408 del 20 marzo 2025

Nella fattispecie in esame viene chiesto se l’atto di pignoramento presso terzi e le cartelle esattoriali su cui si fonda siano validi, con particolare riferimento alla correttezza delle notifiche e alla prescrizione dei crediti tributari. Il contribuente contesta, da un lato, l’effettiva notificazione di molti degli atti presupposti e, dall’altro, sostiene che i crediti si siano prescritti, ritenendo applicabile il termine quinquennale sia alle imposte sia alle sanzioni. La Suprema Corte rigetta il ricorso, ritenendo che la Sentenza impugnata sia correttamente motivata e conforme alla giurisprudenza consolidata. Quanto alla notifica, rileva che sono state prodotte in giudizio le ricevute relative alla consegna degli atti e che il contribuente non ha fornito prove idonee a dimostrarne l’irregolarità, come una querela di falso o una contestazione circostanziata sull’assenza del custode. In merito alla prescrizione, i Giudici di legittimità ribadiscono che per i crediti tributari, come l’Irpef e le relative addizionali, si applica il termine ordinario decennale previsto dall’art. 2946 del Cc., trattandosi di obbligazioni autonome e non periodiche in senso tecnico. Per le sanzioni amministrative tributarie, invece, si applica il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 20, comma 3, del Dlgs. n. 472/1997, ma solo in assenza di un titolo giudiziale definitivo. I Giudici di legittimità sottolineano inoltre che la mancata impugnazione di una cartella non comporta automaticamente la “conversione” del termine breve in quello decennale, salvo il caso in cui intervenga una Sentenza passata in giudicato. In conclusione, la Suprema Corte conferma che per i crediti tributari si applica la prescrizione decennale, mentre per le sanzioni vale quella quinquennale solo in assenza di un titolo definitivo. Confermata la validità delle notifiche, il ricorso viene respinto poiché il contribuente non ha fornito prove sufficienti a dimostrare l’illegittimità degli atti impugnati.