Corte di Cassazione, Ordinanza n. 1148 del 16 gennaio 2023
Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte afferma che le modalità di variazione-annotazione catastale, che presuppongo l’autocertificazione, consentono di pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici, soltanto sulla base di una procedura ad hoc, contemplata dal Dl. n. 70/2011 e le altre disposizioni connesse. Infatti, i Giudici di legittimità chiariscono che il Dl. sopra citato, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 106/2011 ha attribuito al contribuente la facoltà di presentazione di domanda autocertificata di variazione catastale per l’attribuzione delle categorie di ruralità A/6 e D/10, con effetto per il quinquennio antecedente. Peraltro, la Suprema Corte pone in evidenza che, ai fini del riconoscimento retroattivo della ruralità, risultava necessaria non solo la specifica autocertificazione concernente il possesso dei requisiti di ruralità per il quinquennio precedente alla presentazione della domanda secondo le modalità di cui all’art. 7, comma 2-bis, del Dl. n. 70/2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 106/2011, e delle norme successive, ma anche che il relativo procedimento venisse concluso con la relativa annotazione in atti. In definitiva, la variazione catastale (in D/10) conseguita nell’anno 2010 dalla Società in questione ha integrato il dato oggettivo su cui si è fondata la ruralità del bene e quindi la relativa esenzione, in termini valevoli solo per il futuro (a partire dalla messa in atti della nuova categoria), come nella specie accaduto. L’effetto retroattivo della ruralità esigeva, invece la menzionata, specifica autocertificazione di cui all’art. 7, comma 2-bis, del Dl. n. 70/2011 e che il relativo procedimento venisse concluso con la relativa annotazione in atti, costituente essi requisiti autonomi dalla mera domanda e funzionali ad estendere il beneficio ai cinque anni precedenti la dichiarazione.